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A volte mi sento come una lupa che ulula alla luna. Disperata. Disperante. Una lupa che lancia verso il cielo la sua angoscia. Eppure non si arrende.

venerdì 8 marzo 2013

Il problema siamo noi


Sono giorni cupi e tristi. Neppure un raggio di sole a rischiarare le tenebre in cui il Paese è piombato. Non la finta allegria delle tv commerciali, non l'effimero entusiasmo di una comunità che aspira al cambiamento, non la rassicurazione, che suona falsa e anche un po' allarmante, che il paese è in mano ad un pilota automatico, non le assertive, quanto inutili dichiarazioni di un'Europa che crede alla democrazia italiana ( e dunque? se ci crede va tutto bene?). Credo che tutte le persone dotate di intelligenza media, di un discreto senso critico, nonché di discernimento, oggi siano preoccupate. Gli scenari che si prospettano sono allarmanti: un Paese ingovernabile, che non riesce neppure a focalizzare i suoi veri problemi. Perchè, è vero che siamo in piena crisi recessiva e affamati di lavoro, bisognosi di servizi, drasticamente tagliati dalla decurtazione della spesa pubblica, ma nessuno dice che il vero problemi siamo noi. Noi italiani, che non riusciamo a  sentirci nazione, perchè a Verona parlano e mangiano in maniera differente che a Palermo e questo non sarebbe il peggio, se i veronesi ed i palermitani avessero voglia di scambiarsi cibi, modi di dire e di fare; noi italiani,  che continuiamo a credere alle fandonie di un puttaniere pluriprocessato e pluricondannato, che ha il solo obiettivo di salvaguardare ed incrementare il proprio patrimonio, a costo di commettere reati di ogni sorta ed abbindolando persone bisognose di speranze; noi italiani che siamo disposti a credere e a seguire il Masaniello di turno; noi italiani che non abbiamo il senso del bene comune e che per questo non sappiamo guardare al di là del nostro misero orticello, rigoglioso soltanto di insani  egoismi; noi italiani così attaccati a piccole cose, tanto da non essere capaci di alzare lo sguardo verso ampi orizzonti. Non ne faccio neppure una questione generazionale, benché noi cinquantenni siamo la spremitura ed il rimasuglio del peggio delle generazioni precedenti: disillusi ed egoisti, ben pasciuti e tecnologici, abbiamo perduto persino l'innocenza dei nostri genitori, prime vittime del consumismo.  Forse i giorni cupi e tristi, sono quello che meritiamo, perchè è quello che siamo stati in grado di costruire (o di distruggere). Noi siamo il problema e probabilmente per questo motivo non riuscimo a trovare una soluzione. Magari la soluzione è molto più vicina di quanto non si creda, tanto vicina che non occorro i cervelloni della Bocconi per trovarla. A me pare che la soluzione stia fra le righe della lettera che la collega delle due persone uccise a Perugia ha indirizzato ai giornali. Trovare il coraggio di cambiare è la premessa necessaria per realizzare tutte le riforme, tutte le iniziative, tutte le disposizioni necessarie alla salvezza del Paese. Si ritorna così alla questione del metodo, oltre che del merito. Abbiamo imparato a guardarci in cagnesco e a pensarci unici e soli con i nostri imprescindibili bisogni, tanto da non riuscire più a declinare il noi.Non ci sono più persone con cui confrontarsi e ragionare, ma avversari, nemici, rivali in una stupidfa competizione che ci vede tutti perdenti. Non ci resta che aspettare un nuovo taumaturgo o provare a ripensare  noi stessi ed noi in relazione agli altri, in maniera differente.
http://www.lastampa.it/2013/03/08/cultura/opinioni/buongiorno/il-coraggio-di-cambiare-ZJfgWZTMsW5yUWXx3aKGzN/pagina.html

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